E' iniziata decisamente col piede sbagliato la campagna per le Presidenziali 2020 di Donald Trump. E' un momento decisamente complicato per il "presidentidsimo", in caduta libera nei sondaggi di gradimento degli americani oltre che incalzato - sempre più in modo compatto - dal movimento Black Lives Matter che si batte in favore dell'antirazzismo e per i diritti civili degli afroamericani.
La beffa di Tulsa, lo svuotamento del comizio di #TheDonald portato in porto con prenotazioni fasulle, è il primo successo politico di una generazione nuova, ironica e veloce.
A Tulsa dietro il flop di presenze per Trump, uno scherzo virale su Tik Tok: è questa la spiegazione che ne da il NYtimes dopo l'invito a registrarsi al comizio per poi non presentarsi.
Come se tutto questo non bastasse e dopo i ripetuti manrovesci presi in faccia, prima ad opera della Corte Suprema che, nella scorsa settimana gli aveva dato torto su uno dei punti cardini del suo mandato presidenziale: sancendo che è "illegale lo stop al programma dreamers" ossia, quel programma pensato per difendere gli irregolari arrivati in USA da bambini (l'amministrazione guidata da #TheDonald voleva espellerli tutti...) e successivamente, a ridosso del clamoroso flop andato in scena a Tulsa - la stessa città che nel 1921 fu teatro del peggior massacro razziale ai danni della comunità afroamericana - , Trump aveva cercato disperatamente di bloccare la pubblicazione del nuovo libro di John Bolton, l'ex consigliere alla sicurezza nazionale ma, anche in questo caso, #TheDonald non ha potuto portare in porto l'obiettivo che si era prefisso: il Dipartimento Giustizia USA gli ha dato torto. Il libro è uscito e contiene una "stroncatura totale della presidenza del Tycon".
Lo stesso Bolton nelle varie interviste concesse alle televisioni americane ha detto chiaro e tondo che "Trump non è adatto a fare il presidente" e dato che c'era, ha voluto anche rendere pubbliche le sue intenzioni di voto a novembre per le Presidenziali 2020: "Non voterò per lui a novembre".
Ma non è il solo.
Alcuni giorni prima quando era già divampata la rivolta dopo la brutale uccisione di George Floyd, era intervenuto l'ex presidente repubblicano Bush jr. per criticare la svolta militare di #TheDonald che, per sgomberare le proteste di Washington - ossia quelle che anche durante il comizio per pochi intimi ha attaccato e di nuovo chiamata "feccia e terroristi che hanno a cuore la distruzione della nostra storia" - aveva chiamato l'esercito USA ricevendo una valanga di "niet" perché, sostanzialmente, gli Stati Uniti non sono un "regime autoritario"; in quella occasione Bush jr. si era scagliato contro Trump e aveva annunciato di "non votare alle Presidenziali di novembre per Trump".
(Fonte.:nytimes)
Bob Fabiani
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-www.nytimes.com
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