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martedì 9 giugno 2020

Quella storia dei poliziotti razzisti in Francia













Dopo l'onda lunga delle proteste americane per i tanti, troppi assassinii di afroamericani da parte della polizia americana razzista è arrivata fino in Francia e nel resto d'Europa.
Sulle pagine di questo blog, abbiamo seguito passo passo, i gravi abusi di potere dei poliziotti e gendarmi francesi raccontando il movimento dei #GiletJaunes e la repressione brutale che si è interrotta solo a causa della pandemia da Covid-19.

La morte di George Floyd ha avuto la capacità di portare alla luce, uno dei gravi e urgenti problemi occidentali: il razzismo molto marcato degli agenti sia in America che in Francia (ma vale anche per l'Italia n.d.t).

La storia di cui oggi ci occuperemo ha per protagonisti il Clan Flic che "sognano una società fatta di ariani". Si tratta del cosiddetto "Caso Rouen: sei agenti sono stati smascherati da un collega di colore. Nelle loro chat, questi agenti, prendevano di mira neri, arabi, ebrei e le donne "tutte prostitute": ora rischiano al massimo una sanzione disciplinare e una multa, alcuni sono ancora regolarmente in servizio.

-La denuncia

Il poliziotto che ha denunciato i colleghi ha 43 anni ed era in servizio nell'Unità di assistenza amministrativa e giudiziaria di Rouen. Anche il suo nome compariva in quegli scambi offensivi. Un'inchiesta è stata aperta a metà gennaio dal procuratore di Rouen, Pascal Pranch.

-La storia del Clan Flic 


"Non c'è spazio per il razzismo nella polizia repubblicana", ha detto il ministro dell'Interno, Cristophe Castaner, il 27 aprile scorso, in reazione ad un video in cui dei poliziotti davano del "bicot", un modo spregiativo per dire "arabo", all'uomo che stavano fermando a Ile-Saint-Denis, nella banlieue di Parigi. La condanna morale del ministro ha avuto i suoi effetti: i due agenti sono stati sospesi e un'inchiesta è stata aperta.

Ma c'è ancora molto da fare per ripulire i ranghi della polizia: Mediapart e ARTE Radio hanno avuto la possibilità di accedere a decine di messaggi vocali razzisti scambiati a fine 2019 su un gruppo WhatsApp da undici agenti o ex agenti in servizio a Rouen. Nei loro scambi, convinti dell'imminenza di una "guerra razziale", questi poliziotti coprono di insulti i "nemici della razza bianca": le donne sono tutte "puttane" (persino le poliziotte) e i neri dei "negri", gli arabi li chiamano in senso peggiorativo "bougnoules", i nomadi "maledetti zingari", gli ebrei "figli di puttana che governano il paese", e gli omosessuali sono tutti dei "pédés" ("froci").

-I fatti

Questi fatti sono stati denunciati nel dicembre 2019 da un poliziotto di colore di 43 anni che chiameremo Alex, in servizio presso l'Unità di assistenza amministrativa e giudiziaria di Rouen. Anche il suo nome compariva in quegli scambi: 180 pagine solo per il periodo dal 4 novembre al 26 dicembre 2019. Alex ha inviato un rapporto ai superiori il 23 dicembre e sporto denuncia contro sei colleghi per "provocazione e istigazione alla discriminazione".
Un'inchiesta è stata aperta a metà gennaio dal procuratore di Rouen, Pascal Prache. I poliziotti in questione rischiano solo una multa fino a 1.500 euro. Un'inchiesta interna prevede inoltre il rinvio degli agenti al consiglio di disciplina. Ma a questo stadio continuano tutti a esercitare il loro mestiere e alcuni si sono pure vantati di aver cancellato buona parte dei messaggi incriminati prima ancora di essere convocati. L'avvocato di Alex, Yael Godefroy, teme "la perdita o l'alterazione delle prove". Cinque mesi dopo la denuncia, Alex ha accettato di rompere il silenzio. Secondo lui il razzismo "esiste davvero" all'interno dell'istituzione, dice ad ARTE Radio, e rimane un "tabù". Alcuni di quei messaggi razzisti lo prendono direttamente di mira. In uno viene criticato il "lavoro da negro che fa". Una collega viene definita "la puttana dei negri". In altri messaggi i poliziotti se la prendono con le "ragazze che vanno con quei bastardi" anziché coi "maschi bianchi". Il loro vocabolario attinge spesso al repertorio nazista: "Gli ebrei e i gauchistes che dirigono questo paese fanno in modo che le donne preferiscano gli arabi o i negri. In Inghilterra e in Germania non è così. Lì le ragazze vengono educate per continuare la razza ariana".
Un altro agente si lamenta del fatto che nel suo reparto le donne siano "troppo colorate": "Ci sono due bianche su dieci". Discutono di "razza bianca" e ritengono che si debba "epurare" la Francia. Se la prendono con "quei figli di puttana della gauche" che si meriterebbero solo una "pallottola nella testa": "Putin si occuperebbe di loro in quattro e quattr'otto. Ben venga la guerra civile. Saranno guai per la guache. Bisogna eliminare quei figli di puttana. Un giorno o l'altro, quegli stronzi dovranno pagare". Inventano degli slogan come "Make Normandy viking again" e teorie in stile alt-right: "Noi nazionalisti e razialisti dobbiamo essere più astuti di loro. Lasciamo che si eliminino tra di loro. Già si stanno spaccando tra pro-arabi e pro-ebrei. Di quelle puttane di femministe, dei finocchi LGBT  e di tutta quella gente se ne occuperanno i musulmani. Quando femministe, LGBT, ebrei, arabi e i negri non musulmani cominceranno a farsi la pelle tra di loro, noi staremo a casa a mangiare popcorn davanti alla TV  e ad affilare le armi. Basterà dare loro il colpo di grazia". Uno sostiene di avere acquistato già un "fucile d'assalto". Un altro dice di possedere "dieci armi a casa".  Due starebbero contrattando l'acquisto di "flashbang", delle granate stordenti: "Ne prendo quattro, così ne metto due in borsa e due le tengo in casa". Tra questi poliziotti c'è Gilles C, 46 anni, che è stato in servizio nel dipartimento Seine-Saint-Denis, banlieue parigina, prima di raggiungere la Normandia. Alex lo considera "il guru del gruppo". Su WhatsApp Gilles C. condivide dozzine di link di Démocratie partecipative, il sito razzista e antisemita che farebbe capo a Boris Le Lay, un neonazista francese fuggito in Giappone dopo diverse condanne per incitamento all'odio razziale. Nascondendo la sua vera identità dietro uno pseudonimo a consonanza nordica, Gilles C. pubblica anche numerosi commenti su Internet.


-"Jojo Rabbit" (il Film)

Sul film "Jojo Rabbit", una commedia satirica su Hitler del 2019, a settembre ha scritto: "Un altro film di propaganda ebrea". Anche se ha chiuso il suo profilo Facebook, continua a pubblicare con lo stesso pseudonimo sul social network russo VKontakt (VK). molto popolare tra i  militanti di estrema destra.







Un altro membro del gruppo, Thibault D., parla nei suoi scambi di un canale You Tube su cui avrebbe pubblicato dei filmati su armi  e survivalismo e si sorprende che la piattaforma li abbia soppressi per "incitamento alla violenza". I colleghi gli consigliano di cambiare canale di diffusione, me per Thibault D. sul piano della "monetizzazione" sono  meno interessanti di You Tube. E chiude così: "Ad ogni modo non posso dire tutto quello che voglio, devo mantenere una certa correttezza perché sono flic. E se un giorno mi dovesse piombare addosso la gerarchia, non ci deve essere niente che mi possa essere rimproverato, niente di illegale o amorale, che non mi possano sanzionare". A fine dicembre, una convocazione in commissariato. Sospettano che sia a causa degli scambi su WhatsApp, ma continuano lo stesso a discuterne sul social: "I capi stanno davvero cominciando a rompere i coglioni, sempre a cercar cavilli per rovinarti", osserva uno di loro. Alcuni dicono di aver cominciato a sopprimere le discussioni. Gli agenti sono stati convocati il 6 gennaio scorso per "violazione dell'etica professionale" nell'ambito dell'inchiesta disciplinare. Alex, il poliziotto che ha sporto denuncia, dice di essere rimasto "scioccato" dal contenuto di quei messaggi. "Non dormivo più la notte. Ne ho parlato con mio fratello, con amici, ma è stata dura".
Interviene il suo avvocato Yael Godefroy: "Sono parole intollerabili per la loro violenza. Il mio cliente non è riuscito neanche a leggere tutto, ha chiesto a me di farlo". 
Alex riprende a raccontare: "Per una settimana ho dovuto ho dovuto condividere gli stessi spazi con le persone che avevo denunciato, ma che non lo sapevano". 
Al rientro dalle vacanze di Natale, Alex apprende che gli hanno cambiato servizio e raggiunge una pattuglia anti crimine. Da quando è entrato in polizia, nel 1999, deve ingoiare i commenti razzisti dei suoi colleghi. Degli "anni straordinari" nella banlieue di Parigi, fino al 2008, ricorda anche le "battute razziste", delle "piccole frasi buttate lì". Riannoda il filo del racconto di quel periodo: "Mentre pattugliavamo, se incrociavamo un'auto con delle persone dentro, dicevano: Guarda quelli, sono tutti dei bastardi figli di puttana. Ma tu non sei come loro. Tu hai deciso di essere come noi".
Le cose sono peggiorate una volta a Rouen, in Normandia. "Qui ci sono meno colleghi neri, delle Antille o di origine maghrebine. Si viene subito giudicati in base all'aspetto. Circondati da bianchi, ci si lascia andare più facilmente".  Da colleghi Alex ha appreso che alcuni lo avevano soprannminato "il Black" o "il negro": "Non volevo farmi passare per vittima. ma avevo fatto risalire l'informazione ai superiori e non c'è stato seguito".

Questa volta, consegnando un rapporto completo e sporgendo denuncia, Alex ritiene di aver preso la strada giusta e spera che i suoi sforzi saranno ricompensati.
Mercoledì scorso il ministro Castaner ha promesso che "ogni errore, parola, frase razzista" pronunciata da un poliziotto sarà sanzionata".
(Fonte.:mediapart)
Bob Fabiani
Link
-www.mediapart.fr 

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