"Questo non è il momento di impegnarsi nel lusso dello
stare calmi e del prendere la tranquillizzante medicina
del gradualismo.
Questo è il momento di tradurre in realtà le promesse
della democrazia".
(Martin Luther King Jr)
Il romanzo della vita riesce a sorprendere e a scrivere pagine imprevedibili. Il 2020 è - fino a questo momento - un anno di passione. Era iniziato con una clamorosa azione di guerra che aveva coinvolto gli Stati Uniti e l'Iran. Il "presidentissimo" Trump aveva autorizzato l'uccisione del generale iraniano, Soleimani, all'Aeroporto internazionale di Bagdad e, il mondo aveva rischiato di precipitare nel tunnel della guerra su larga scala. Era il 3 gennaio 2020.
Neanche il tempo di tirare un sospiro di sollievo che il mondo scopriva l'arrivo di una nuovo virus. Inizialmente, l'evento venne prese sottogamba: del resto, il "virus misterioso" stava colpendo la lontana Cina. Accadeva a Wuhan e, il resto del mondo era ignaro di quello che sarebbe accaduto nei mesi seguenti. Era passata solo una settimana dalla crisi tra "Iran e Stati Uniti": le autorità cinesi, in conferenza stampa, ammisero per la prima volta l'esistenza del nuovo virus, chiamato coronavirus. Il giorno della conferenza stampa era il 9 gennaio (ma sembra che il virus circolasse già il 31 dicembre 2019 n.d.t).
E il mondo intero iniziava una lotta serrata con il Covid-19. Paese dopo paese, tutti i cittadini scoprirono che l'unico mezzo efficacie per contrastare il contagio era solo il distanziamento sociale e, già come accadde a Wuhan, i cittadini di tutto il mondo furono costretti, dai vari governi a osservare rigide "direttive" - da parte delle autorità - e a restare confinati nelle loro abitazioni. Il mondo imparò a convivere con il lockdown.
Vite sospese, città deserte, socialità sparita per mesi.
I cittadini di tutto il mondo si ritrovarono a lottare contro una pandemia globale. D'improvviso, un paese dopo l'altro si persero posti di lavoro e tornò lo spauracchio della povertà.
-George Floyd cambia il mondo
Verso la fine del mese di maggio (il 25 maggio 2020 n.d.t) l'America presentò al mondo la "storia di sempre": un afroamericano, l'ennesimo, caduto, assassinato per mano della polizia statunitense.
Ecco che quel romanzo imprevedibile che è la vita scrive un'altra pagina di questo anno bisestile. E' una vera e propria scintilla che incendia l'intera America.
Ancora e ancora e ancora come avviene da 400 anni a questa parte: il bianco che uccide il nero. Il fatto è accaduto a Minneapolis. Ma stavolta non è "solo" il movimento della comunità afroamericana - il Black Lives Matter, nato nel 2014 - a riversarsi in strada. Ad alzare la voce disperata, inascoltata. L'America diventa un coro coeso contro il razzismo e l'odiosa "pratica" degli agenti americani che si muovono sempre con azioni razziste e, senza pensarci su due volte, assassinano uomini, donne, ragazzi e ragazze afroamericane.
La scintilla è capace di produrre una rivolta e, dieci giorno dopo, l'onda lunga delle proteste arriva anche nella Vecchia Europa.
-Quei 8 minuti e 46 secondi in ginocchio sul selciato di Roma
Esistono date e ore che da sole sono in grado di riscrivere la storia. E' quello che avvenuto a Roma (e il giorno prima in altre città italiane, da Nord a Sud e, in altre capitali europee come Parigi o Berlino e Londra anche se, ormai, dopo lo shock della "Brexit" ufficialmente, la città dove i Beatles registrarono la loro meravigliosa musica;non fa più parte dell'Unione Europea n.d.t), sull'onda delle rivolte americane: è come se, improvvisamente, le coscienze di tutti fossero state svegliate, misteriosamente, dalla fine disumana di George Floyd.
"I can't breathe", con un filo di voce disperata, George Floyd cercava di porre fine alla drammatica compressione del ginocchio del poliziotto di Minneapolis sul suo collo. Ora quelle dolorose parole (che altri afroamericani avevano invano urlato contro le prese assassine dei poliziotti) risuonano, potenti anche nelle piazze italiane.
Roma, ore 11,30 di una domenica di 7 giugno 2020, migliaia di ragazzi e ragazze, bianchi e neri si inginocchiano per 8 minuti e 46 secondi. Sono in silenzio, un silenzio muto e doloroso. Hanno il pugno (sinistro) alzato e rendono omaggio a George Floyd.
Tutti inginocchiati a riflettere in quell'arco di tempo al dolore e al disumano modo di morire che per troppo tempo è capitato ai neri americani. Alle donne, ragazze e prima ancora, durante la schiavitù che iniziò, in America, nel 1619.
Un silenzio che al termine di quei 8 minuti e 46 secondi si scioglie nel grido potente e fermo a scandire il nome di George Floyd. Il grido risuona nella piazza quando, all'unisono, migliaia di voci mandano un messaggio chiaro: "Roma è contro il razzismo".
Quei ragazzi e quelle ragazze scandiscono anche uno slogan del movimento Black Lives Matter: "No Justice No Peace" perché, senza giustizia non può esserci pace. Per nessuno.
(Fonte.:africalandilmionuovoblog)
Bob Fabiani
Link
-https://africalandilmionuovoblog.blogspot.com/l-editoriale
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