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domenica 21 giugno 2020

L'Editoriale: La lotta antirazzista in USA (e nel mondo) e l'istigazione all'odio di Trump










"Sono il presidente dell'ordine e della legge"
(Donald Trump, presidente USA)





All'indomani della disumana morte violenta di George Floyd - avvenuta a Minneapolis il 25 maggio scorso - in USA è divampata una rivolta contro il "razzismo istituzionale" della polizia americana che assassina cittadini della comunità afroamericana. E' stata la scintilla. E gli Stati Uniti d'America bruciano. Non accadeva dal 1968 da quell'aprile '68 dove era stato giustiziato Martin Luther King Jr.
Non è solo una rivolta disperata quella portata avanti dal movimento Black Lives Matter ma una nuova stagione per il mondo intero. Anche per altre questioni: economiche, sociali e di genere.
La questione irrisolta degli Stati Uniti d'America non può più essere rimandata: va risolta così come nel resto del mondo.
Le manifestazioni di protesta - che da quel 25 maggio non sono mai cessate - mettono sul tavolo una serie di quesiti che non possono essere ignorate. Non possono esserlo perché al loro interno pongono un'urgenza di fondo (in America come nel resto del mondo): la voglia di cambiamento radicale.







La lunga scia di violenze e abusi di potere, lo strisciante odio razziale che non è mai stato accantonato in America è arrivato al punto di non ritorno. E non solo negli Stati Uniti in fiamme. Questo drammatico convivere della comunità afroamericana con la condotta razzista e l'odio razziale delle forze dell'ordine al pari della società americana ha prodotto una nuova stagione di lotta. Ma se questo da una parte era più che plausibile, le manifestazioni che si sono succedute dopo l'assassinio di George Floyd ci dicono che, in questa America 2020, qualcosa di diverso è in atto. A scendere in piazza non è solo la comunità nera ma anche e sopratutto tutta una generazione di giovani bianchi che hanno una nuova consapevolezza: voltare pagina. Chiudere per sempre la "pratica del razzismo istituzionalizzato".

Non è cosa di poco conto. Proprio l'ondata di proteste antirazziste hanno avuto la forza di trainare un movimento  - appunto il Black Lives Matter - anche al di qua dell'Oceano.
Quello che sta accadendo dalla fine di maggio tra gli Stati Uniti e quindi di rimando in Europa, senza tralasciare l'Africa pone una nuova consapevolezza del problema: il razzismo strutturale che esiste in tutto il mondo. Gli attivisti e i cittadini che stanno manifestando in queste settimane, in tutto il mondo chiedono un radicale cambiamento a cominciare dalla violenza - che si fa abuso di potere - delle forze dell'ordine. Ma non solo. E' arrivato il momento di rivedere non solo il "passato colonialista" che, per esempio, in Africa aprì la drammatica "stagione colonialista" che, a sua volta aprì la strada alla deportazione degli schiavi (gli antenati della comunità afroamericana in America n.d.t).
E' una questione di giustizia sociale negata ai neri: è il paradigma che sta alla base  della 'mission' dell'attuale amministrazione Trump che vinse la scorsa tornata Presidenziale (2016) con l'orrendo slogan "Make America Great Again (Facciamo di nuovo l'America grande)" laddove, questo vuol dire rimettere in circolo le pratiche odiose dei tempi dello schiavismo che imperversava negli Stati del Sud.
Alla luce di quanto disse Trump il giorno del suo giuramento a presidente degli USA nel gennaio di quattro anni fa, non sorprende la sua visione reazionaria, tutta arroccata e ostinatamente sbilanciata a favore del suo elettorato, bianco e razzista che, nelle scorse settimane lo ha portato a tuonare: "Legge e ordine" per stanare la rivolta.


-Istigazione all'odio dall'inquilino della Casa Bianca


Il 19 giugno di ogni anno, in USA la comunità afroamericana celebra la liberazione dallo schiavismo: il presidente Trump, non se ne è curato più di tanto quando ha lanciato la sua voglia irrefrenabile di tornare in pista (dopo la condotta disastrosa sul fronte del Covid-19 e il conseguente lockdown, per altro sempre contestato dalla sua base elettorale; condotta disastrosa che ha prodotto oltre 120 mila decessi), sul terreno a lui più congeniale ossia, il comizio da campagna elettorale. Senza tenere conto del dramma che questa America 2020 sta vivendo e dopo che, nelle passate settimane aveva dato il peggio di sé (volendo risolvere la situazione usando il pugno di ferro e raccogliendo solo schiaffi non da poco ...) quando, evidentemente, non ha ben colto quello che stava (e sta) avvenendo nelle città americane: Trump, vedendo la massa oceanica delle proteste e delle rivolte per le strade USA aveva dato l'ordine di risolvere la matassa con il cipiglio militare arrivando a militarizzare la capitale, Washington rifugiandosi nel bunker presidenziale. Non contento aveva fatto costruire un muro a difesa del Palazzo, una scena drammatica e che, da sola, racconta meglio di qualsiasi narrazione o descrizione, la crisi americana in atto.
Del resto questo presidente non ha mai posto in cima alla sua agenda politica la coesione politica degli Stati Uniti e così, per il ritorno "on the road" ha scelto Tulsa, la stessa città dell'Oklahoma dove, nel 1921 si verificò il più grande massacro razziale ai danni della comunità afroamericana. Dalla Casa Bianca, i suoi collaboratori hanno dovuto penare le proverbiali "sette camicie" per farlo recedere dall'idea di tenere il suo comizio elettorale nello stesso giorno del #Junettenth.
Ma le ultime settimane per Trump sono state davvero pesanti e tutti negli negli Stati Uniti, in questi giorni e in queste ultime ore si stanno ponendo la stessa domanda: "Che cosa accadrà nei prossimi mesi e nel pieno di una campagna elettorale per le Presidenziali 2020?".

-Le istanze del movimento Black Lives Matter

  






Il movimento Black Lives Matter dal 25 maggio - giorno della morte disumana di George Floyd - sta cambiando le cose: in America, mai come in questo momento si è capito che è necessaria una riforma delle forze dell'ordine: su questo punto sono tutti concordi. La questione sarà uno snodo centrale della prossima campagna elettorale per la Casa Bianca 2020 e, insieme a questo punto, la "Rivoluzione Culturale" del Black Lives Matter pone sfide decisive. Su tutti i fronti. Ci sono troppe questioni irrisolte che partono dalla dolorosa "stagione dello schiavismo" al mancato inserimento dei neri nel tessuto della società americana.
Le nuove generazioni hanno posto il problema che non è solo uno slogan ("No Justice No Peace - Senza Giustizia non c'è Pace"): deve essere rivisto tutto il tessuto sociale della società americana come del resto, ha già iniziato a porre Chaz zona autonoma a Seattle Capitol Hill che propone di porre fine a quella visione disumana proposta dal capitalismo braccio armato del sistema neoliberista.
In ragione di questa evoluzione della rivolta, quando sono passate più di due settimane di proteste e manifestazioni, non si può liquidare (come invece tenta di fare in modo ipocrita il "presidentissimo") il movimento come una accolita di "pericolosi terroristi" . Ancora ieri, Trump, parlando dal pulpito del suo comizio elettorale di Tulsa ha tuonato e attaccato le proteste per la giustizia sociale e razziale, accusandole di "distruggere la nostra storia".

Perché Trump usa questa narrazione?

Il presidente, come molti benpensanti - al di là e al di qua dell'Oceano - è inorridito da una delle questione posta dal movimento: il processo ai simboli dell'era coloniale e schiavista.
In questo modo si cerca di oscurare la domanda di fondo che la rivolta pone: "chiudere per sempre la lunga stagione dello schiavismo e con quanti lo alimentarono". Non si capisce come altrimenti, si possa cambiare. Se non si è disposti a condannare quella pagina infame della storia dell'umanità e dei cosiddetti Stati moderni che, guarda caso sono gli stessi che hanno costretto milioni di persone a subire l'onta della dittatura del colonialismo e dello schiavismo.


-Dibattito a senso unico (sulle Statue degli schiavisti abbattute)









Nelle ultime settimane sui media di tutto il mondo si sono sprecati fiumi d'inchiostro su alcune azioni del movimento Black Lives Matter che, in USA come in Europa hanno preso di mira le statue e i simboli del colonialismo (e dello schiavismo): l'ultima, in ordine di tempo è quella di Albert Pike che, per chi non fosse troppo addentro alla storia degli Stati Uniti è il fondatore del Ku Klux Klan ossia, il gruppo dei suprematisti bianchi e razzisti che davano la "caccia al nero" negli Stati del Sud razzisti e il "papà" dei massoni americani; abbattuta a Washington il 19 giugno, il giorno del #Junetteenth.
Pagine e pagine di giornali sono state scritte per bacchettare gli attivisti. Una schiera infinita di benpensanti (naturalmente bianchi n.d.t) hanno pensato bene di continuare sulla stessa falsa riga, quello stesso modo che da 401 anni; si tenta di dare lezioni alla comunità afroamericana e quella nera in generale. Non una parola di condanna per quelle pratiche disumane è stata spesa: piuttosto, fa molto comodo arroccarsi (come del resto fa l'attuale inquilino della Casa Bianca, n.d.t) sulla presunta "violenza barbarica" che sarebbe contenuta in questa che invece è una vera e propria "azione politica". Mai che questi illustri tromboni spendano una parola su come rimuovere questi simboli. Sopratutto su ciò che rappresentano ancora oggi negli Stati Uniti ma anche nel Regno Unito, in Belgio e anche in Italia.
Del resto per questi "signori" si tratta addirittura di civiltà e di quel progresso moderno che era alla base delle Potenze Colonialiste in Africa e quindi in America. Costoro fanno finta di non capire che quel razzismo strutturale - che sta alla base delle azioni assassine delle forze dell'ordine americane ma, non dimentichiamolo, anche delle stesse polizie europee - affonda le radici sulle "pratiche dello schiavismo" di quei grandi uomini. In realtà questi ultimi non erano altro che "mercanti di uomini" che si macchiarono di atrocità disumane quando allestirono le cosiddette "navi negriere" che deportavano (con la forza) milioni di africani nel "nuovo mondo". Si fa finta di dimenticare che questa pratica fu alla base di imperi e fecero la fortuna di quelle stesse potenze.
Ma fa comodo deviare il discorso: mettendo insieme tutto e il contrario di tutto con la speranza che presto, il movimento Black Lives Matter torni nei ranghi.

-Conclusioni

Quanto sta avvenendo dal 25 maggio 2020 è invece qualcosa di molto più profondo e se si riflette su quanto già avvenuto potremmo avere un quadro più chiaro dei tempi che stiamo vivendo. A molti non sarà sfuggito il tentativo di sabotare le rivolte antirazziste con pratiche più o meno sperimentate nel Novecento: nei primi giorni infatti, si è tentato di far abortire la rivolta. Ma il tentativo di indirizzarla nella violenza becera dei saccheggi e degli scontri con le forze dell'ordine sono miseramente fallite.
Il progetto che sta portando tanti giovani - neri e bianchi - in strada per dire basta al razzismo è molto più ampio e di lungo respiro e le parole di Angela Davis, grande attivista dei diritti civili per gli afroamericani in questo senso sono il miglior viatico per concludere questo post.


"E' ora di costruire un movimento globale, contro il razzismo dagli USA all'Italia" .
(Fonte.:theatlantic;politico)
Bob Fabiani
Link
-www.theatlantic.com
-www.politico.com
              

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