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martedì 2 giugno 2020

La morte di George Floyd vista dall'Africa








"L'obiettivo dei colonialisti era quello di fare degli africani degli esseri senz'anima, senza personalità, senza originalità; dei ciechi imitatori; degli strumenti della loro propaganda; degli eterni servitori"
(Patrice Lumumba)


Gli echi della rivolta divampata in America dopo la morte di George Floyd ad opera della polizia di Minneapolis di lunedì scorso 25 maggio, è arrivata anche in Africa.
In questo post di AfricaLand Storie e Culture africane scopriremo le razioni del grande continente.

-La morte di Floyd scuote la Liberia degli ex schiavi

La bandiera nazionale ricorda quella americana, i nomi di molte città e contee sono di origine statunitense e dai bancomat si prelevano dollari, se non bastasse il fatto che il paese è stato fondato dagli schiavi afroamericani liberati.





La Liberia condivide con gli Stati Uniti più legami di ogni altro stato africano. Qui la reazione all'uccisione di George Floyd ha un carattere particolare.

"Questo fatto è per noi come un tradimento" spiega Feday Kutubu Sheriff, ex studente dell'Università della Liberia, attivista e organizzatore di una protesta simbolica tenutasi giovedì scorso di fronte l'ambasciata americana di Monrovia.





"Chiediamo che l'ambasciatore scriva una lettera formale al nostro governo per prendere una posizione chiara sulla vicenda  e per rassicurare tutti i liberiani in America".

Ma nessun comunicato è stato emanato, nemmeno sul sito dell'ambasciata, nonostante molte altre rappresentanze americane nel continente africano hanno, insolitamente, rilasciato dichiarazioni. L'ultima volta si erano espresse su temi simili nel 2018, per tentare di rimediare alle parole di Trump, che aveva definito gli stati africani shitholes. Ora persino l'ambasciatore USA in Congo (Kinshasa), Mike Hammer, ha riportato il tweet di un media locale: "Caro ambasciatore, il tuo Paese è vergognoso. Ha vissuto di tutto, dalla segregazione all'elezione di Obama, e ancora non ha sconfitto i demoni del razzismo".

Altre ambasciate in Kenya, Uganda e Tanzania hanno formalmente condannato gli eventi rimettendosi al Dipartimento di Giustizia del Minnesota che si occupa del caso con proprietà assoluta.

"Se non riceveremo alcun comunicato faremo un'altro protesta, enorme stavolta, in occasione dell'insediamento del nuovo ambasciatore" prosegue Sheriff. Trump ha infatti nominato pochi giorni fa Micheal A. McCarthy come capo della missione diplomatica in Liberia.

"Intanto chiediamo ai nostri concittadini di rifiutare l'ottenimento dei diversity visa, i permessi di soggiorno per entrare in America".

Il governo liberiano intanto tace, e non giova al presidente George Weah, il cui consenso è già in calo.

"Non ci sono Paesi con con più immigrati liberiani che negli Stati Uniti. L'America è la nostra seconda casa", spiega Joel Cholo Brooks, giornalista liberiano.

"E' anche per questo che siamo molto delusi dal fatto che il governo ancora tace".

-Il resto del Continente

Nel resto dell'Africa non mancano le controversie diplomatiche. Il Ministro degli Esteri dello Zimbabwe ha convocato l'ambasciatore americano Brian Nichols per chiedere spiegazioni delle parole di Robert O'Brien, consigliere sulla sicurezza nazionale della Casa Bianca, che ha dichiarato in un'intervista a Bbc news che il paese africano "è tra gli avversari stranieri che stanno traendo vantaggi dalle proteste negli USA, danneggiando la nostra democrazia".




Le accuse però sono state declamate senza alcuna prova: sembra quanto meno fantasiosa questa narrazione che vorrebbe addirittura lo Zimbabwe dietro gli scontri tra i manifestanti del Black Lives Matter e la polizia americana.
(Fonte.:ilmanifesto;jeuneafrique)
Bob Fabiani
Link
-www.ilmanifesto.it
-www.jeuneafrique.com   


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